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mercoledì 10 luglio 2013

Armi, continua lo "shopping" dell'Italia: in arrivo anche 12 navi per tre miliardi di euro!


Anziché rinunciare all'acquisto dei contestatissimi Jet F35, il governo italiano continua a fare shopping di armamenti pesanti: in arrivo 12 navi da guerra dal costo di 250 milioni di euro l'una, per un totale di 3 miliardi di euro.

Editoriale a cura di Alessandro Raffa per nocensura.com 

Ricordiamo la "lista della spesa" bellica italiana degli ultimi anni: 

  • Hanno acquistato qualche decina di cannoni semoventi da 155mm di produzione tedesca: cingolati modello "Pz 2000" di cui ne avevamo già 70 mai utilizzati.Costo: oltre 500.000.000 di euro
  •  16 elicotteri da supporto logistico "CH-47F Chinook", con un'opzione per ulteriori 4 esemplari: un'operazione dal costo di oltre 1 miliardo di euro.
  • Altri due (ne avevamo già una coppia) sommergibili di fabbricazione tedesca, "U 212 Todaro"; una spesa di 2 miliardi di euro.
  • Due "Gulfstream", i tecnologicissimi jet da guerra aerea  (gli F35 sono bombardierisoprannominati "la Ferrari dei cieli", dal costo di 750 milioni di euro l'uno.
Per maggiori dettagli circa ogni singola operazione, leggi questo articolo. La nota sulle nuove navi da guerra invece la trovate alla fine dell'articolo.

Non c'è da escludere che la lista delle armi acquistate sia in realtà più lunga: così come a questo punto non possiamo escludere che nei prossimi mesi acquistino ulteriori armi, visto il trend di questi anni, anche se con l'arrivo dei battleship il governo ha rinforzato tutti i reparti dell'esercito: terrestre, aereo e marino. 

Dal dopoguerra ad oggi il governo italiano non aveva mai speso così tanto: alla faccia della "crisi", degli esodati, delle aziende che falliscono e di coloro che si sono suicidati. 

Come mai tutte queste armi?

 Ci dicono che "non ci sono i soldi per tagliare l'Imu", per scongiurare l'aumento dell'IVA al 22% salvo poi continuare ad acquistare armi da guerra: e il Presidente Napolitano nei giorni scorsi ha dichiarato persino che "il parlamento deve restare fuori da questi affari", vogliono gestire le cose a livello di esecutivo, senza la necessità di passare dalle Camere, in modo da evitare imbarazzi, soprattutto a quelle forze politiche come il PD che "predicano bene e razzolano male".


A questo punto appare evidente che "bolle in pentola" qualcosa che non ci dicono: perché se rinnovare le dotazioni di un reparto dell'esercito rientra nella normalità, rinforzare l'intera macchina militare e armarsi fino ai denti, specialmente in un periodo di profonda crisi come quello attuale, appare fuori da ogni logica.

Tra l'altro in quanto a spesa militare, l'Italia è in buona compagnia: praticamente tutte le nazioni dell'Eurozona hanno investito ingenti somme in armamenti: l'operazione F35 coinvolge diversi paesi, e persino la Grecia ha investito cifre ingentissime in armamentiaerei militari francesi ed i sottomarini tedeschi acquistati anche dal governo italiano.

Chi si informa attraverso i blog liberi del web sa bene quanto sia drammatica la situazione greca, che Troika e BCE hanno condotto nel giro di pochi mesi sul baratro della miseria,mediante l'imposizione di un tasso di interesse sui titoli di stato che ha raggiunto quota 15%, (*) provocando licenziamenti di massa, riduzioni salariali, la chiusura di un negozio su tre; un vero e proprio boom di senzatetto, migliaia di suicidi, madri che abbandonano i propri figliaffinché siano inseriti in strutture dove almeno un piatto di minestra gli viene assicurato. Questo articolo dello scorso inverno rende bene l'idea della situazione greca.

Nonostante tutto, negli ultimi anni il governo Greco ha trovato più di un miliardo di euro da spendere in armamenti(nota: Un miliardo di euro per una nazione come la Grecia è una bella somma: basti pensare che il PIL greco nel 2011 ammontava a 308 miliardi di dollari, pari a circa 240 miliardi di euro. Consideriamo che nel 2012 e nell'anno in corso è drasticamente crollato...) 

Nei mesi scorsi girava voce che le spese militari sostenute da Atene fossero state imposte da Francia e Germania mediante un ricatto: in realtà se consideriamo che il governo Greco -imposto da Troika e BCE esattamente come quello italiano - era guidato dall'ex n.2 della BCE,Lucas Papademos, membro del club Bilderberg e della Commissione Trilaterale insieme a Mario Monti. si intuisce che molto probabilmente non c'è stato nessun ricatto, così come non è stata ricattata l'Italia che ne ha acquistate persino di più, anche tenendo conto delle proporzioni Italia-Grecia.

La questione delle "pressioni sul governo greco" per imporre l'acquisto di armi, tirata fuori da mass media 'mainstream' come Il Corriere della Sera è probabilmente un "diversivo" per giustificare le ingentissime spese militari fatte da una nazione allo stremo; una giustificazione plausibile a scelte che appaiono assurde, una "storiella" che - visto come funzionano le cose in questa Europa delle lobby - appare decisamente credibile: ma analizzando a fondo certe dinamiche si intuisce facilmente che ci troviamo dinnanzi ad un disegno ben preciso, ad aumentare gli investimenti bellici non sono state solo Italia e Grecia, ma tutte le "potenze", basti pensare che secondo i dati ufficiali dal 1999 al 2008 la spesa militare globale è cresciuta del 45% e negli ultimi anni (che lo studio in questione non consideraè ulteriormente e notevolmente incrementata, superando persino i livelli della guerra fredda! Maggiori informazioni in proposito le trovate qui qui.


L'aumento globale delle spese militari, comprese quelle nazioni fortemente colpite dalla crisi, appare decisamente assurdo e insensato... a meno che l'Europa non si stia preparando ad una guerra! 
  
Prima di chiudere, uno sguardo alle spese militari italiane: che sono iniziate ad aumentare all'indomani della strage delle Twin towers; negli ultimi anni è letteralmente esplosa, attestando l'Italia nella "top ten" delle 10 nazioni del mondo che spendono di più. Basta pensare che le spese militari ci costano quanto il welfare (!) se non spendessimo i soldi per le armi, potremmo raddoppiare lo stato sociale!

Spese militari italiane 2000 - 2004

 L'art. 11 della nostra Costituzione ripudia la guerra...


La risposta all'articolo 11 (e non solo) della nostra costituzione:



... altro che "rispettare la Costituzione"... i poteri forti dell'alta finanza - alias i manovratori dei fili - vogliono aboliarla, e non ne fanno nemmeno un mistero... (Vedi: Jp Morgan contro la Costituzione italiana)

E puntualmente, come per magia... 

L'immagine su Facebook qui

Alessandro Raffa per nocensura.com
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Di seguito l'articolo sull'acquisto delle navi da guerra: 
Shopping bellico, dopo gli F35 l’Italia acquisterà 12 nuove navi per tre miliardi!



navi-da-guerra.jpg
Andrea Koveos su La Notizia - Venti miliardi l’anno per le spese militari. E paghiamo noi. Miliardi che escono dalle casse dello Stato e che nessun governo ha mai tagliato. Solo per il personale il ministero della Difesa liquiderà quest’anno 9 miliardi e mezzo di euro di stipendi. E questo è niente.

La Marina ha annunciato l’acquisto di 12 nuove navi con un costo di 250 milioni a unità, per un totale di 3 miliardi. Ma la lista della spesa (dichiarata dal dicastero) è ancora lunga: un miliardo e mezzo di euro per 249 blindati freccia, 200 milioni per 4 sommergibili di nuova generazione, 655 milioni per le fregate Fremm, 60 milioni per un numero non precisato di elicotteri da combattimento, a cui vanno aggiunti esborsi per portaerei, missili terra aria, mortai e siluri.
E per fortuna che il nostro Paese non è in guerra! Eppure, a scanso di guerre termonucleari globali, ospitiamo sul nostro territorio 70 bombe atomiche statunitensi B-61 (20 nella base di Ghedi a Brescia e 50 nella base di Aviano a Pordenone) adatte al trasporto sui nuovi 90 cacciabombardieri F35, il cui costo di acquisto – ricordiamo – si attesta sui 14 miliardi di euro.

Se la nostra Costituzione ripudia la guerra perché si spendono così tanti soldi per corazzare le forze armate? Una risposta è arrivata dall’ex ministro Di Paola, che in un’audizione alla Camera, disse che siamo sotto attacco di diverse minacce: terrorismo internazionale, armi di distruzione di massa e vettori balistici. C’è dell’altro. Sarebbe in pericolo la nostra libertà di accesso e commercio delle materie prime, nonché il costante rischio di attacchi cibernetici.

A questo punto il problema non è la veridicità delle dichiarazioni di Di Paola, ma degli strumenti che il nostro Paese ha deciso acquistare per difendersi. Occorrerebbe capire, cioè, se le armi comprate in questi anni siano coerenti e proporzionali ai pericoli a cui siamo esposti. Non si può sparare a una mosca con un cannone.

Che senso ha, quindi, comprare degli F35 – aerei d’attacco in grado di trasportare armi nucleari – per combattere il terrorismo internazionale? Gli elicotteri da combattimento o i sommergibili servono a scongiurare gli attacchi informatici? A questo tipo di quesiti i governi si sono sempre difesi con le “solite” giustificazioni: le ricadute tecnologiche e occupazionali sono importanti. Ricadute, per altro, su cui non tutti sono d’accordo.

Secondo la Difesa, tanto per fare un esempio, tutto il progetto F-35 creerà 10 mila posti di lavoro; ma fonti sindacali assicurano che le assunzioni non saranno più di mille e 500, in quanto solo lo stabilimento di Càmeri (Novara) ha bisogno di nuovo personale.

I cacciabombardieri, le fregate e altri sistemi d’arma hanno dietro costi che non possono

 essere giustificati solo con la minaccia terroristica, con la creazione di posti di lavoro o ancora con una generica sicurezza del Paese. Lo stesso ministro con l’elmetto, Mario Mauro, ha mostrato qualche difficoltà a giustificare uscite di cassa così elevate, trincerandosi con una frase (“per amare la pace, bisogna armare la pace”) non proprio azzeccata.

Del resto quando si parla di spesa militare in Italia il vero obiettivo mancato è la trasparenza. Lo dice l’archivio Disarmo (istituto italiano di ricerche internazionali) e lo confermano autorevoli istituti internazionali. Ad oggi dunque nessuno sa l’ammontare preciso dei costi degli armamenti.

Il ministero ha sempre sostenuto che rispetto al Pil la spesa militare equivale allo 0.9%. Non la pensa così, però, l’istituto Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) che sostiene invece che il nostro Paese ha speso in media nel periodo che va dal 2005 al 2009, l’1.8% del Pil.

La cosa certa è i vari governi hanno ridotto drasticamente le spese sociali, per la scuola, per l’università, per la ricerca, per i beni culturali. Eppure il Paese desideroso di proiettare la propria azione sugli scenari internazionali, non esita a sostenere ben 26 missioni nel mondo, a volte con risultati per nulla scontati e non per forza positivi.

Tratto da: http://ilnavigatorecurioso.myblog.it

http://ununiverso.altervista.org/blog/shopping-bellico-dopo-gli-f35-litalia-acquistera-12-nuove-navi-per-tre-miliardi/

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