
Su un punto la ministra avrebbe anche ragione: sarebbe ora che l’Europa scegliesse fra «miopia e lungimiranza», ma la miopia era quella in cui ci avevano tenuto la Bonino e compari del Bilderberg, che usando le armi della disinformazione di massa volevano, e vogliono ancora, la Turchia in Europa a tutti i costi. Quasi questo fosse un premio concesso per la sua fedeltà all’atlantismo. Obama, ricordiamo, è il primo sponsor dell’Euroturchia, e quando entra in ballo la Nato si sa che la Bonino è al suo fianco senza se e senza ma, qualunque sia la menzogna su cui si basa la guerra, salvo poi lamentarsi della inevitabile logica conseguenza: l’esecuzione di Saddam. Probabilmente la ministra oggi bramerebbe piangere sul cadavere di Assad e potersi così dichiarare contro la pena di morte, ma sempre per un uomo solo e dopo aver sostenuto guerre che ne hanno uccisi molti di più, ben sapendo che avrebbero avuto comportato anche la morte di quel singolo individuo.
Ci risparmiamo di commentare il «necessario dinamizzare il processo negoziale», che si dileggia da sé, una battuta che rimanda ai tempi d’oro del Bagaglino, ma non possiamo far passare sotto silenzio il suo tentativo di prenderci per il culo: «Non è il momento di chiudere la prospettiva europea della Turchia, semmai è il momento di rilanciarla, aprendo, oltre al capitolo sulle politiche regionali, anche quelli sui diritti fondamentali e sulla giustizia. Se li avessimo aperti in passato, oggi avremmo più efficaci leve di dialogo nei confronti delle autorità turche». Già, ma è proprio per via di gente come lei e di eurocrati della delocalizzazione che mai è stata messa in questione la piena democraticità di Erdogan, e chi lo faceva era un razzista gonfio di pregiudizi, mentre il pregiudizio era altrove. Addirittura non si poteva neppure adombrare che vi fosse del malcontento in Turchia, e ancor meno sussurrare che Erdogan stesse portando avanti una strategia di
islamizzazione dello Stato.

La ministra ed ex commissario europeo conclude la sua arringa difensiva, che nobilita persino quelle di Ghedini, con un «se oggi commettiamo l’errore di complicare il percorso europeo di Ankara, domani avremo un’Europa meno credibile sulla scena internazionale». Intanto quel percorso non andrebbe complicato, ma bloccato, non foss’altro perché rischieremmo di trovare anche sui nostri scaffali la Barilla prodotta in Turchia. Inoltre l’Europa la sua credibilità l’ha già persa da un pezzo, grazie alla gran parte dei suoi commissari, di cui alcuni continuano a far la corte ad un paese che non riconosce né la presidenza cipriota dell’Unione, né, addirittura, il Parlamento Ue. Per una volta l’unico leader che sta dando un minimo di credibilità all’Europa è la Merkel, che ha convocato l’ambasciatore turco e condannato apertamente la «linea adottata» come inaccettabile per uno Stato che si vorrebbe europeo.
(Ferdinando Menconi, “Turchia, Erdogan reprime e la Bonino è con lui”, da “Il Ribelle” del 24 giugno 2013).
Fonte: libreidee.org
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