E’ già da qualche anno che la FBI ha iniziato silenziosamente a promuovere una nuova legislazione che obblighi i fornitori di servizi VoIP (telefonia in rete) ad aggiungere una backdoor al loro software, per facilitare le intercettazioni da parte delle forze dell’ordine. In altre parole, da quando la telefonia mondiale ha iniziato a sfruttare la rete, fornendo agli utenti la possibilità di comunicare a basso costo, la capacità dell’FBI di intercettare le comunicazioni si è fortemente ridotta. La legge che permette loro di intercettare comunicazioni – previa autorizzazione del giudice
– riguarda infatti soltanto le normali linee telefoniche. Se la proposta di legge dell’FBI dovesse passare ne risentirebbero soprattutto i VoIP service providers come Zfone, che hanno lanciato il loro servizio di telefonia in rete proprio sulla base di una totale garanzia di privacy, ottenuta grazie ad un sistema di encriptazione delle conversazioni. Ma il pesce grosso naturalmente è Skype. Con oltre 600 milioni di utenti nel mondo, Skype è stata acquisita nel 2011 dalla Microsoft, … … che attualmente sta “travasando” anche i propri utenti di Windows Messenger sul più popolare servizio di comunicazione vocale. E forse non è un caso che l’associazione “Reporters senza frontiere” abbia lanciato una petizione perché Microsoft renda trasparenti le proprie modalità di protezione della privacy degli utenti di Skype. In particolare, la petizione chiede alla Microsoft di rendere noti: - Informazioni sulla quantità di richieste su dati Skype ricevute dai governi dei diversi paesi, e la percentuale di queste richieste che la Microsoft ha deciso di assecondare. - Informazioni su quali dati personali di Skype la Microsoft trattenga nei propri archivi. - Una analisi tecnica da parte della Microsoft sulla capacità effettiva da parte di terzi di intercettare conversazioni su Skype. - Le istruzioni date ai dipendenti della Microsoft su come comportarsi in caso di richiesta di informazioni private [da parte della polizia]. In un comunicato dello scorso luglio, Skype ha negato di aver modificato la propria architettura per permettere l’accesso da parte delle forze dell’ordine ai dati privati e alle comunicazioni dei propri utenti. “Le conversazioni fra individuo e individuo – dichiara Skype – non passano attraverso i nostri server centrali, ma attraverso speciali “supernodi” che non permettono in alcun modo l’accesso ai dati da parte di terzi.” Ma la stessa Microsoft ha confermato che “le conversazioni di gruppo che riguardano più di due persone passano attraverso i loro server centrali”, ed anche che “tutti i messaggi di testo vengono conservati nei nostri archivi elettronici per 30 giorni”. Infine hanno aggiunto: “Se le forze dell’ordine seguono le procedure appropriate e ci chiedono di accedere ai messaggi temporaneamente conservati nei nostri server, noi glielo permetteremo.” Quindi, la risposta di Microsoft in qualche modo è già arrivata. Se infatti questo è il “principio” che anima il loro atteggiamento sui dati testuali, non si capisce perché un giorno non dovrebbero concedere anche l’accesso ai famosi “supernodi”, dove transita oggi la stragrande maggioranza delle conversazioni interpersonali. E’ solo questione di tempo. Alla fine della fiera, la storia è sempre la stessa: da una parte abbiamo lo sforzo costante da parte delle forze dell’ordine di tenere sotto controllo il cittadino con qualunque mezzo possibile, dall’altra abbiamo un sistema di comunicazione in continua evoluzione, al quale le forze dell’ordine cercano sistematicamente di adeguarsi. C’è una variabile però, che rende la faccenda sempre più interessante: la crescita esponenziale dell’utenza, a livello globale. Attualmente transitano su Skype 115 miliardi di minuti di conversazione person-to-person ogni trimestre. Hai voglia di metterti ad ascoltarli tutti. Tanti auguri FBI, e buon divertimento.
Massimo Mazzucco
Fonte: http://terrarealtime.blogspot.com.br/2013/02/lfbi-allunga-le-mani-su-skype.html
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