La repressione di Erdogan provoca vittime anche tra coloro che vengono mandati in piazza a reprimere con violenza le proteste.La repressione contro i manifestanti che chiedono le dimissioni del governo islam-liberista di Erdogan ha prodotto finora almeno 4 morti. E altri dimostranti sono in condizioni gravissime a causa di colpi di pistola sparati dagli agenti contro la folla, oppure per l’impatto delle spolette dei lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo oppure ancora a causa del devastante effetto dei gas tossici usati in quantità industriale per disperdere le manifestazioni o sparati direttamente sul viso dei malcapitati.Nei giorni scorsi Erdogan aveva dato grande evidenza alla morte di un poliziotto, morto dopo esser caduto da un ponte in costruzione mentre inseguiva un gruppo dei manifestanti. Il primo ministro aveva tentato di utilizzare l’evento per ribadire la sua vicinanza e il suo sostegno alle forze dell’ordine, tentando così di far passare in secondo piano le accuse di brutalità rivolte alla polizia da numerose parti. Ma una notizia riportata da alcuni media svela come il tasso di sofferenza all’interno degli apparati di sicurezza turchi stia toccando livelli davvero alti.
Sarebbero almeno sei infatti gli agenti della Polizia turca che si sarebbero tolti la vita nella prima settimana di scontri in tutto il paese. Ad affermarlo è stato alcuni giorni fa – e quindi nel frattempo il numero dei poliziotti suicidi potrebbe essere ulteriormente salito – il segretario generale del sindicato di polizia Emniyet-Sen, Faruk Sezer, al quotidiano Hurriyet. Secondo il ‘sindacalista’ le cause di una tale ondata di suicidi andrebbe ricercata nei turni massacranti di lavoro ai quali sarebbero sottoposti gli agenti mobilitati dal governo contro le proteste, turni che si protraggono anche per 120 ore consecutive. “La violenza (dei poliziotti ndr) alla fine è il riflesso della violenza subita dalla polizia. Non sono solo i manifestanti a subire violenza, ma anche i poliziotti sottoposti a turni di 120 ore senza interruzione e costretti a mangiare alimenti marci” si è giustificato il segretario del sindacato di categoria che poi ha chiosato: “Anche la Polizia soffre la violenza del sistema”. Migliaia di poliziotti sono stati trasferiti dalle regioni più tranquille alle città dove più forte è stata la mobilitazione popolare contro il governo. Secondo alcune testimonianze rimangono in servizio per giorni senza mai rientrare nelle caserme, dormono su pezzi di cartone sulle panchine o addirittura sui loro scudi, nei parchi, in attesa degli ordini di attacco. Ed evidentemente sfogano la propria frustrazione, invece che contro i loro ufficiali e i responsabili politici, contro i manifestanti. Che la brutalità spesso completamente gratuita degli agenti nei confronti di manifestanti inermi possa essere legata alle loro 'condizioni di lavoro' però appare dubbio, visto che i metodi che oggi sono sotto gli occhi di tutti sono quelli usati da semrpe dagli apparati di sicurezza turchi contro curdi, sindacalisti, militanti di sinistra, femministe.Le parole del sindacalista contro il governo però sono state dure: “Trattare così la polizia è come tradire il paese” ha detto Sezer, rivelando un malessere che potrebbe rappresentare un freno alla strategia del muro contro muro di Erdogan. Che, non è un segreto, deve fronteggiare già un malessere ancora maggiore all’interno delle Forze Armate, da anni sottoposte a pressioni ed epurazioni da parte dell’Akp. Nei primi giorni della rivolta contro il governo soprattutto a Istanbul sono stati segnalati episodi durante i quali alcuni militari hanno pubblicamente solidarizzato con i manifestanti o addirittura si sono frapposti tra questi e la polizia.
Fonte: http://www.contropiano.org/esteri/item/17247
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